Come viene vissuta la festa della Madonna della Neve da chi non vive più a Francofonte? Ne abbiamo parlato con il seminarista francofontese Jack Ferrera, che ormai da qualche anno non vive più nel suo paese natale. Tuttavia, il legame tra il seminarista e la Santa Patrona continua a essere più vivo che mai.
Cosa rappresenta per te la Madonna della Neve?
“Da buon francofontese, direi che dopo le arance rosse, la Madonna della Neve è il simbolo di Francofonte. Per me la Madonna della neve rappresenta la festa dell’incontro con la nostra amata Mamma e con il fratello che abbiamo accanto”.
Chi ti ha tramandato questa devozione?
“I miei genitori, soprattutto il mio papà, che fin da piccolo mi raccontava la storia di come fu ritrovato il quadro, il miracolo della lampada e di come, da ragazzo, viveva la festa e i suoi relativi preparativi, in particolare la raccolta del gelsomino per la messa del 4 sera”.
Quale momento significativo della festa ricordi?
“Ricordo le lacrime e le preghiere dei francofontesi in particolare all’apertura della cappella il 4 mattina, sulle note di “Salve o Piissima” e l’uscita del fercolo la sera sul sagrato con il gelsomino cadente dal campanile, tra gli applausi e gli occhi commossi dei figli che rivedono la Madre”.
Non vivendo più a Francofonte, in che modo ti approcci alla festa?
“Per quanto mi è possibile, faccio di tutto per ritornare a Francofonte e partecipare ai vari momenti di preghiera e folkloristici. Quando non mi è possibile, mi unisco spiritualmente ai festeggiamenti, davanti al quadro della Madonna della Neve che ho dipinto e che con devozione, venero con la mia famiglia”.
Credi che la devozione alla Madonna della Neve si possa vivere anche non partecipando attivamente ai vari momenti liturgici?
“Assolutamente no. Le cosiddette “feste esterne” che come cristiani viviamo, sono segno di devozione e di evangelizzazione che testimoniano la nostra fede. La dimensione liturgica che il cristiano è chiamato a vivere in quanto battezzato, non si deve limitare solo alla settimana di festeggiamenti in onore del Santo, ma deve coinvolgere la vita nella sua totalità. La fede deve essere coltivata e vissuta quotidianamente, partecipando in maniera attiva e consapevole ai misteri della nostra salvezza, celebrati nel corso dell’anno dalla Chiesa. Come insegna il Concilio Vaticano ii: “la liturgia è fonte e culmine della vita cristiana”: il resto è superstizione”.
Sei d’accordo sulle restrizioni applicate alla festa a causa del Coronavirus?
“La fase attuale post lockdown, ha messo in crisi molte abitudini della nostra routine. Sicuramente questo virus (nonostante il numero dei contagi sia sotto controllo), è un pericolo che non va assolutamente sottovalutato. Sono dell’idea che se fosse stato trovato un accordo con gli enti e le autorità competenti, sviluppando un piano logistico, si sarebbe potuto vivere in maniera più “normale” la festa. Tuttavia, da buoni cittadini, è nostro dovere rispettare le disposizioni ministeriali, così come le prime comunità cristiane ai tempi dell’impero romano vivevano”.
Se dovessi raccontare la festa a chi non l’ha mai vissuta, cosa gli diresti?
“Raccontare la festa della Madonna della neve è soggettivo. semplicemente gli direi di venire e vedere con i propri occhi come Francofonte si fa “più bella” in questo periodo dell’anno: con le luminarie, le bandierine, i drappi che abbelliscono il palazzo comunale e anche per gustare la nostra cucina locale”.
Quale pensiero vuoi rivolgere alla Madonna della Neve?
“Di far sentire a tutti la sua dolce presenza di tenera Madre, di non cessare mai di essere per noi, scudo potente nelle prove della vita”.
