"L'inverno di Giona": Filippo Tapparelli, l'intervista per ItFrancofonte - itFrancofonte

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“L’inverno di Giona”: Filippo Tapparelli, l’intervista per ItFrancofonte

Inverno di Giona Filippo Tapparelli autore

Filippo Tapparelli è l’autore del libro “L’inverno di Giona”. Noi lo abbiamo intervistato.

Filippo, benvenuto su ItFrancofonte per noi è un onore intervistarti! Per rompere il ghiaccio, parto con una domanda, retorica? Quando capita di intervistare uno Scrittore (con la S maiuscola), il cui libro ha vinto il Calvino, è stato pubblicato da Mondadori, sicuramente sarà, prima o poi, tradotto in diverse lingue… Ma cosa ti dovrei chiedere?

Ciao Ivan. Ti ringrazio per avermi dato la possibilità di parlare di Giona anche in Sicilia. È davvero bello sapere che il romanzo continua a camminare, nonostante siano trascorsi quasi due anni dalla sua pubblicazione. Cosa dovresti chiedermi? Parafrasando Groucho Marx: io non accetterei mai di lavorare per una testata che intervista gente come me, quindi non so proprio come aiutarti.

Copertina Del Romanzo Inverno di Giona Filippo Tapparelli
La copertina del volume “L’inverno di Giona”

Allora Filippo, parliamo un po’ di Giona, della trama e di come ti è venuto in mente di scrivere questa storia?

L’inverno di Giona nasce da due sorgenti differenti: ossia un racconto e una domanda.

Per quanto riguarda il racconto, verso la fine del 2011 mi venne chiesto di scriverne uno e immaginai – forse attingendo ad alcuni ricordi di quando ero piccolo- un ragazzino senza nome che correva in un bosco, terrorizzato dalle creature che credeva vi si annidassero, ma la cosa che temeva davvero, molto di più dei mostri, era il nonno che lo aspettava a casa, che lo avrebbe punito se avesse tardato.

La domanda invece nacque qualche tempo dopo ed era questa: cosa succederebbe se nessuno si ricordasse di te e tu non ricordassi nulla del tuo passato? Potresti definirti vivo, oppure saresti una specie di spettro per il mondo (e per te stesso)?

Entrambe le sorgenti confluirono nel desiderio di raccontare la storia di questo ragazzino.

Oltre Giona, il nonno Alvise e i personaggi concreti che costellano la storia, non passano inosservati altri protagonisti astratti come: la memoria e la decisione di scegliere. Cos’è, chiedo sia a Filippo che allo scrittore, la memoria? Cos’è una scelta? Quanto la memoria lavora con noi in una scelta?

Memoria e decisione sono concetti correlati. Senza la prima non si riesce ad accumulare l’esperienza e senza l’esperienza non si riesce a prevedere le azioni future. Se si viene privati di questi ingredienti, non è possibile compiere scelte. Noi esseri umani – come tutte le creature viventi – se non veniamo sottoposti a nuovi stimoli tendiamo alla stasi e alla ripetizione. Giona non ricorda, quindi non sceglie, ma nel momento in cui viene costretto a farlo, la sua memoria inizia a sbloccarsi, perché intravede una variabile nella continuità. In quel momento Giona evolve.

Secondo me Giona è un ragazzo che insiste, a tratti si può dire, persevera, nella quotidianità. Filippo so che tu hai scritto di Giona ma prima di arrivare a questo traguardo, hai ricevuto parecchi no. Ma, cosa spinge ad andare oltre e superare i no?

Giona è rimbalzato contro moltissimi no e credo che sia stata questa la sua forza: si è comportato come una pallina su una racchetta da tennis: a ogni rimbalzo ha accumulato sempre più energia potenziale, fino a quando non ha trovato uno sfogo. Insistere – un po’ come fa Giona, è stato naturale. Ho avuto molti traballamenti, ma alla fine la pura e semplice ostinazione ha avuto la meglio. Volevo sapere quali erano i limiti del romanzo e l’ho affidato alla giuria più spietata che esista: quella del premio Italo Calvino.

Filippo Tapparelli Inverno di Gionadi Giona
Filippo Tapparelli

Un ultima domanda e poi ti vorrei un po’ punzecchiare, non capita tutti i giorni sotto i ferri una vittima come te. Dicevo della domanda, tu sai che in molti quando leggono un libro e conoscono l’autore cercano subito spunti autobiografici, perché secondo te e se è giusto.

Punzecchiarmi e parlare di ferri con me? Ci vado a nozze, visto che ho insegnato scherma e mi diletto a forgiare lame!

Tornando a noi: sono ancora, nonostante l’età in quella in quella fase candida e primitiva della scrittura in cui si è convinti che si possa scrivere solo di ciò che si conosce. Se scrivi d’amore, devi aver amato. Scrivi di morte, devi averla conosciuta. Se scrivi di paura, devi conoscere l’odore della tua pelle quando il terrore di paralizza. Per scrivere occorrono o coraggio o pazzia o entrambe le cose. Si mette in pazza la parte più intima della nostra anima, quella antica, che subisce gli effetti delle storie. È naturale chiedersi quanto ci sia di vero in un racconto e quanto abbia parlato di sé il suo autore. La risposta per me è sempre questa: è tutto vero ed è tutto autobiografico.

Poi chi scrive di solito mente benissimo.

Adesso qualche domanda per conoscerti meglio. Sapendo incerto il risultato che hai avuto o che ha avuto il libro. Rifaresti tutto da zero?

Il senno di poi è una scienza esatta, caro Ivan. Cambierei alcuni dettagli, come credo farebbe chiunque, ma alla fine sono convinto che la vita abbia i suoi piani e che questi siano sempre perfetti.

Mi diresti un libro in cui ti sarebbe piaciuto essere il protagonista e il perché.

Mi sarebbe piaciuto essere Non, il protagonista di Ci sono bambini a zig-zag, del mio autore feticcio David Grossman. Credo che tutti abbiano bisogno di quel modo di vedere la vita e di quella avventura.

Di getto, dammi i nomi di tre autori: uno a cui pagheresti un milione di euro per una lezione sulla scrittura, e il perché. Uno con cui ci faresti a botte, sapendo di prenderle, e il perché. Uno con cui faresti a cambio per prenderne le capacità o il successo, e sempre spudoratamente il perché.

Faccio parte di quella schiatta di persone che non crede che la scrittura si possa insegnare. Mi rendi difficile risponderti, ma starò al gioco: Sempre David Grossman, perché quello che scrive è onesto e bello. Vorrei imparare da lui come fare pace con i mostri.

Farei a cazzotti con Chuck Palahniuk, perché non gli perdonerò mai Il Libro di Talbott.

Farei a cambio sempre con Chuck, così potrei menarlo una seconda volta e perché anche lui, pur scrivendo in maniera totalmente diversa da Grossman, sa come infilare le dita nella propria anima senza farsi a pezzi quando ne tira fuori una storia.

Immagine X Intervista N2

Qual è il libro famoso che avresti voluto scrivere tu e quello che non avresti scritto, non ti chiedo il perché ma u picchì?

Avrei voluto scrivere Trainspotting, di Irvine Welsh, perché ha avuto un sacco di coraggio (e si è divertito un sacco) a raccontare quella storia in quel modo e non avrei mai voluto scrivere Shining, perché poi sarei stato costretto a fare a cazzotti con Kubrick.

Allora Filippo, ti ringrazio per la cortesia, la disponibilità e la professionalità. Ti faremo avere presto una cassetta di Tarocco dal nostro paese, ti auguriamo il meglio per il tuo futuro. Ma, ma ci devi lasciare scrivendo qualche riga di una tua visione futuristica sulla letteratura.

“Sono io che ringrazio te per avermi ospitato. Spero un giorno di poter visitare Francofonte e la Sicilia.

La letteratura, come tutte le creature viventi, se non viene sottoposta a nuovi stimoli tende alla stasi e alla ripetizione, Il mondo editoriale spesso non sceglie, ma nel momento in cui viene costretto a farlo e affronta la sua decadenza, intravede una variabile nella continuità ed evolve.”








“L’inverno di Giona”: Filippo Tapparelli, l’intervista per ItFrancofonte ultima modifica: 2020-12-28T08:23:40+01:00 da Ivan Lo Pizzo

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